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Autoimmunità, perché è soprattutto donna

Il diverso assetto ormonale, la maggiore capacità di reagire alle infezioni e, forse, anche la presenza di due cromosomi X, sono "fattori" che portano il sistema immunitario femminile a essere più aggressivo

di Sara Allegrini

Gli uomini e le donne si difendono in modo diverso dalle malattie? Il sistema immunitario agisce seguendo strategie differenti nei due sessi, e anche i farmaci hanno effetti diversi? Il tema, intrigante, è stato al centro di un’intera sessione al congresso annuale della Società Americana di Microbiologia, organizzato a Boston nelle settimane scorse. Approfondire le conoscenze sulla differenza tra i due sessi per quanto riguarda lo sviluppo e l’evoluzione delle malattie, in particolare di quelle autoimmuni, è di fondamentale importanza per conoscere meglio queste patologie, spesso invalidanti, di cui si sa ancora così poco, e per sviluppare nuovi approcci terapeutici differenziati per le donne e per gli uomini.
«È nota da anni una maggiore frequenza di malattie autoimmuni a sfavore delle donne, soprattutto per quel che riguarda le patologie che si presentano dopo la pubertà - spiega Umberto Dianzani, docente di immunologia presso l’Università del Piemonte Orientale. - Negli ultimi anni c’è stato un notevole aumento della frequenza di queste malattie, da attribuire, molto probabilmente, a una diagnosi sempre più precoce, sensibile e specifica che si è sviluppata nel tempo».

MALATTIE AL FEMMINILE - Come dice Dianzani, le malattie autoimmuni sembrano essere di gran lunga una caratteristica femminile, visto che il 75% delle persone colpite sono donne, contro un 25% di uomini. Ma queste differenze possono essere molto diverse, in realtà, a seconda della patologia. Per esempio, è molto elevato lo sbilanciamento fra i due sessi nell’insorgenza di malattie autoimmuni sistemiche (cioè che possono riguardare l’intero organismo), come il lupus eritematoso sistemico e la sindrome di Sjögren, dove il rapporto femmine-maschi è di 9:1. Questi "sbalzi" sono molto meno evidenti, invece, in altre malattie autoimmuni come la sclerosi multipla, dove il rapporto donne-uomini si assesta intorno al 3:1. Fino a scomparire in alcune patologie del sistema nervoso, come la miastenia grave o la sindrome di Guillan-Barrè, nelle quali la prevalenza sembra essere pressoché uguale nei due sessi.

DIFFERENZE DIFFICILI DA INTERPRETARE - Ma cosa sono le malattie autoimmuni e perché questa differenza tra i sessi? Le patologie autoimmuni sono un gruppo eterogeneo di malattie caratterizzate dal fatto che il sistema immunitario (cioè quello che dovrebbe difenderci da batteri, virus e altri "nemici") aggredisce per errore parti sane dell’organismo. A seconda di quale sia l’organo o il sistema colpito, prendono il via diverse malattie autoimmuni.
Le conoscenze su queste patologie, nonostante i numerosi avanzamenti della ricerca, rimangono ancora per lo più lacunose, con molti punti ancora da chiarire. Una delle domande ancora senza risposte convincenti è proprio perché un gruppo così variegato di malattie colpisca prevalentemente solo uno dei due sessi.
«Il sistema immunitario della donna e quello dell’uomo reagiscono in modo diverso agli stimoli - spiega Dianzani. - In generale, il sistema immunitario femminile è più efficace quando deve costruire una risposta contro gli agenti infettivi. A riprova di questo, è noto, per esempio, che esiste una più alta mortalità infantile nei maschi a causa di infezioni». La diversità della risposta potrebbe risiedere nel differente ruolo biologico degli uomini e delle donne. In particolare, nel corso dell’Evoluzione le donne potrebbero aver sviluppato una risposta immunitaria particolarmente veloce e forte per poter far fronte alle infezioni dopo il parto (che per millenni hanno creato gravi problemi, e tuttora sono una fonte di malattie e di morte nei Paesi meno sviluppati). Un sistema immunitario così aggressivo, nelle donne, le protegge meglio dalle infezioni post partum, ma - secondo alcuni studiosi - può anche andare incontro più facilmente a "regolazioni" sbagliate, con una conseguente eccessiva attivazione, che nel tempo porterebbe allo sviluppo di malattie autoimmuni.

POCHE RICERCHE - Sono ancora pochi gli studi in cui i ricercatori analizzano separatamente i dati provenienti dai due sessi. Dunque mancano risposte precise sul differente modo di reagire, da parte del sistema immunitario femminile, rispetto a quello maschile. Nonostante questo, qualche dato preliminare inizia ad emergere. Ad esempio, in uno studio del 2012, la ricercatrice Linde Meyaard del Centro Medico Universitario di Utrecht (Paesi Bassi) ha dimostrato come i topi di sesso femminile siano in grado di eliminare in modo più rapido ed efficiente il virus dell’epatite; dopo l’infezione, però, sviluppano più facilmente sintomi legati alle malattie autoimmuni.

"COLPA" DEGLI ORMONI - Questa maggiore predisposizione all’efficienza e all’aggressività del sistema immunitario femminile potrebbe essere legato sia a fattori ormonali, che genetici. Negli ultimi anni i ricercatori hanno infatti scoperto che gli ormoni hanno un ruolo di primo piano nella regolazione del sistema immunitario. Più nel dettaglio, alcuni studi clinici hanno evidenziato come gli estrogeni (i principali ormoni femminili) possano avere un ruolo attivo nello stimolare la risposta contro i virus, mentre il testosterone (il principale ormone maschile) giocherebbe maggiormente un ruolo di soppressore della risposta infiammatoria. Per esempio, studi eseguiti su cellule del naso (maschili e femminili) trattate con sostanze simili agli estrogeni e poi esposte al virus dell’influenza, hanno mostrato come solo le cellule che derivavano da donne erano in grado di combattere il virus (perché erano le uniche in grado di "rispondere" agli estrogeni).
In realtà non sono solo gli estrogeni ad influenzare il sistema immunitario, ma l’intero sistema degli ormoni. Inoltre il loro ruolo cambia a seconda delle malattie. Ne è un esempio la gravidanza, che in presenza di alcune patologie, come la sclerosi multipla, sembra portare a un periodo di miglioramento dei sintomi. Ma la malattia riprende poi spesso in modo acuto dopo il parto, mentre in altre patologie, come il lupus, la gravidanza provoca un peggioramento delle condizioni. Anzi, in alcuni casi, può essere un momento di attivazione della patologia stessa.

DECISIVA ANCHE LA GENETICA - Come dicevamo, anche la genetica avrebbe il suo ruolo. Molti tratti del DNA che controllano il sistema immunitario si trovano, infatti, sul cromosoma X. Ebbene, tutte le cellule delle donne possiedono due cromosomi X, anche se ne mantengono attivo solo uno. I maschi, invece, hanno un unico cromosoma X (più il cromosoma Y). Ma l’avere un unico cromosoma X predispone i maschi a immunodeficienze, mentre il possedere due cromosomi X predisporrebbe le femmine allo sviluppo di malattie autoimmuni, in quanto raddoppierebbe il rischio di avere linfociti (cellule fondamentali del sistema immunitario) più attivi e aggressivi.

"OBBLIGATORIA" LA SPERIMENTAZIONE SULLE DONNE - Tutti questi dati ci mostrano come patologie considerate fino a qualche anno fa unisex, siano in realtà più complesse e diversificate di quello che si era sempre ipotizzato. La differenza di genere non è più un elemento che può essere considerato in secondo piano per migliorare la cura di queste patologie. Scoperte come una differente predisposizione al controllo del sistema immunitario da parte dei due sessi e il ruolo attivo giocato dagli ormoni sessuali in particolare, sono rivoluzionarie per come potrebbero cambiare il modo di affrontare in futuro queste patologie, e non solo. Ne è un esempio l’annuncio nel 2014 da parte dell’NHI, il National Institutes of Health statunitense, che ha deciso di richiedere obbligatoriamente la presenza di pazienti di entrambi i sessi, negli studi clinici, come condizione necessaria per ottenere finanziamenti. Fino ad allora le ricerche si erano occupate prevalentemte dei soggetti maschi, in quanto più semplici da studiare data la loro maggiore stabilità ormonale e la convinzione, rivelatasi poi sbagliata, che tra maschi e femmine per molte patologie non ci fossero grandi differenze.

I VANTAGGI PER I PAZIENTI - Ma quanto le nuove scoperte sulle differenti reazioni dell’organismo maschile e di quello femminile ai problemi autoimmuni (e ad altre malattie) potranno migliorare la vita dei pazienti? «È difficile da prevedere - spiega Dianzani - perché esiste ancora un numero troppo ridotto di studi su questi temi. Per esempio, non ci sono dati sull’effetto delle terapie ormonali nelle varie patologie. Tutto quello che sta emergendo sulle differenze tra maschio e femmina ci fa capire quanto siano importanti i fattori ormonali per lo sviluppo della malattia, ma non per il suo inizio. Per questo motivo è probabile che non ci saranno nuove terapie basate sui fattori ormonali, ma questi fattori verranno utilizzati solo per modificare le terapie esistenti, "adeguandole" alle esigenze di ogni singolo paziente».

Sicuramente mancano molti dati per confermare le varie ipotesi poste dai ricercatori e siamo solo all’inizio dell’era della medicina personalizzata. Ma questi nuovi aspetti sembrano promettenti per poter migliorare la qualità della vita di pazienti affetti da patologie spesso invalidanti.

Data ultimo aggiornamento 27 novembre 2016
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Tags: immunologia, lupus eritematoso sistemico, malattie autoimmuni, sclerosi multipla, sindrome di Sjögren



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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